martedì 16 dicembre 2014

Dove non c'è senso civico imperversa la cultura mafiosa

C’è qualcosa di più dirompente della mafia (delle cosche mafiose) per il tessuto sociale di un Paese. È la mentalità mafiosa. La cultura mafiosa è terreno fertile per la criminalità organizzata e per la cattiva politica. La mafiosità si manifesta con la negazione delle regole sociali a cominciare dal non rispettare le strisce pedonali, nel parcheggiare in doppia fila, nello gettare rifiuti in strada e in altri luoghi pubblici, nel non rispettare la fila, nel non rilasciare e richiedere lo scontrino, nel non pagare le tasse, nel non fare la raccolta differenziata dei rifiuti, nel chiedere la raccomandazione, nell’agevolare alcuni a scapito di altri, nel non fare al meglio il proprio lavoro, nel non rispettare le leggi e i diritti delle persone, nel non rispettare i doveri, nel non far rispettare le leggi.  La mafiosità è un atteggiamento mentale alimentato dall’assenza di senso civico.  La mafiosità è la protervia e la pervicacia del prepotente; la collusione tra politica e malaffare; la vessazione sulle persone più deboli;  il voto di scambio; l’ignavia dell’impiegato, del funzionario pubblico o del burocrate, di chi non fa il proprio dovere, non rispetta e non fa rispettare le leggi. Anche chi è testimone reticente e sta zitto o nasconde o minimizza è mafioso perché diventa esso stesso complice di chi delinque e lo rende immune (non punibile). Non bisogna essere affiliati alla mafia per essere mafiosi. Sono i comportamenti,  il sentire, che determinano la mafiosità di una persona, di un gruppo o d’una intera società. Fortunatamente, ci sono ancora tantissime persone libere e sane nella società e nelle istituzioni del nostro Paese. Ed è su sull’esempio di queste persone e di quelle che hanno combattuto a viso aperto contro tutte le mafie, a rischio della loro stessa vita, che dobbiamo trovare la forza di resistere e impegnarci  per essere, soprattutto, d'esempio alle nuove generazioni.

“La lotta alla mafia, il primo problema da risolvere nella nostra terra bellissima e disgraziata, non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale che coinvolgesse tutti e specialmente le giovani generazioni, le più adatte proprio perché meno appesantite dai condizionamenti e dai ragionamenti utilitaristici che fanno accettare la convivenza col male, le più adatte cioè queste giovani generazioni, a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, della indifferenza, della contiguità e quindi della complicità.”
                                                               Paolo Borsellino, 20 Giugno 1992

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